
Digital Stone Project VII
Jake Abraham - “Seed”
Jake Abraham è uno scultore che attualmente frequenta un corso di laurea in Belle Arti alla Wesleyan University nel Connecticut. Jake impiega vari materiali e metodi di costruzione - sia digitali che analogici - nella creazione delle sue opere, che tendono a richiamare l’attenzione sulla loro fabbricazione stessa. La sua pratica scultorea consiste nell’esplorazione dell’ambiente costruito, confrontandosi spesso con la struttura, la gravità, l’arredo e l’architettura. Jake gioca con questi concetti per creare oggetti curiosi che emergono da un mondo vagamente familiare, ma non identificabile. Alla costante ricerca di nuovi materiali e strumenti con cui giocare, la portata della sua pratica scultorea è in continua evoluzione ed espansione.
Progettato generativamente, Seed è una forma organica amorfa, la cui superficie gorgoglia di volumi sferici. La forma e il materiale della scultura evocano lo sviluppo primordiale di un organismo cellulare, tuttavia la sua precisione digitale e la superficie scolpita dal robot rivelano un tipo di crescita completamente diverso.
Charles Allen - “Bound Sunburst”
Charles Allen è uno studente senior della Wesleyan University e studia scultura e produzione d’arte digitale. Allen esplora l’interazione tra il segno robotico e il tocco della mano umana, integrando l’esperienza maturata nella fabbricazione su larga scala con la modellazione architettonica. Interessato all’interazione tra strutture rigide e forme organiche viscose, Allen combina strumenti di fabbricazione digitale e tecniche di scultura tradizionali per creare opere che giocano con la materialità, la distorsione spaziale, le illusioni di movimento e d’equilibrio. Due paradigmi essenziali della pratica di Allen sono la rottura delle forme lineari e prevedibili attraverso forme frenetiche e dinamiche e la strutturazione di forme caotiche irregolari grazie forme geometriche ed aspre.
Partendo dal concetto di forma fluida tagliata da un riquadro di delimitazione invisibile, le facce curve conservate sono incise con linee di macchine radiali a ventaglio, che si estendono da fuochi selezionati algoritmicamente. Questi schemi creati dalle macchine, così come il movimento delicato della forma stessa, si abbinano alla pietra marmorizzata rosa e grigia per creare una composizione dinamica ma strutturata.
Chris Chenier - “Spanish Little Friar Tumbler (Pigeon, 24 frames)”
Ispirandosi agli studi sul time-motion dei fotografi Etienne Jules-Marey e Eadweard Muybridge, Christopher Chenier esamina l’esito della collisione tra immagine e oggetto. Elaborando immagini in movimento tramite un software creato appositamente, Chenier persegue un approccio generativo alla “ricerca di forme” dove operazioni casuali e progettazione procedurale si fondono diventando alleate dell’espressione creativa.
Basandosi su filmati d’archivio, questo progetto è una terza manifestazione dell’opera di Chenier di continua traduzione di immagini in movimento in oggetti scultorei. Con la “transcodifica” di video di piccioni in volo in opere d’arte tridimensionali, Chenier cerca di ripensare la relazione tra immagine e oggetto. L’essenza di questa scultura è una GIF animata in pietra. Più drammaticamente, forse, è una prigione. Oltre la superficie della pietra il piccione batte le ali in un volo eterno e solitario verso il nulla.
Chris Coleman - “Reach An Unprecedented Accord”
Chris Coleman è nato in West Virginia, USA e si è laureato con un MFA all’università SUNY Buffalo di New York. Il suo lavoro include sculture, video, creazioni di codici creativi e installazioni interattive. Coleman ha esposto il suo lavoro in mostre e festival in oltre 30 paesi tra cui Brasile, Argentina, Singapore, Finlandia, Emirati Arabi, Italia, Germania, Francia, Cina, Regno Unito, Lettonia e in tutto il Nord America. Attualmente risiede a Denver, in Colorado ed è professore di pratiche digitali emergenti presso l’Università di Denver e direttore della Clinic for Open Source Arts.
Una tempesta blocca il sole e invoca l’arrivo del caos, ma le tempeste sono anche purificatrici, e offrono la possibilità di ricominciare. Non smettiamo mai di cercare di creare delineazioni tra “noi” e “loro”, usando confini fisici come promemoria delle nostre presunte differenze. In queste cuciture dove i luoghi si incontrano, esistiamo in gradienti, ma i muri incoraggiano la violenza gettando pesanti ombre.
James Conboy - “In the garden before the snakes”
«Nelle mie ultime opere il mio interesse verte sulla riconversione di oggetti di recupero in opere d’arte. Questa scultura prende forma da un materiale di imballaggio in polistirolo per un televisore a schermo piatto, che si è quindi trasformato in questa scultura in marmo. La giustapposizione del polistirolo con il marmo è stata molto stimolante e gratificante.
Ho studiato alla Pennsylvania Academy of the Fine Arts di Philadelphia, la più antica scuola di Belle Arti degli Stati Uniti. Dopo la laurea mi sono trasferito a New York dove ho iniziato ad esporre i miei lavori nelle gallerie di Midtown e dell’East Village. Attualmente vivo ancora a New York ed espongo lì le mie opere».
Carl D’Alvia - “Barboncino”
Le opere di Carl D’Alvia sono apparse in varie sedi negli Stati Uniti e in Europa tra cui il Museo de Cordova, l’Art Omi, la Nathalie Karg Gallery, il Regina Rex, il Derek Eller, il Feature Inc, il Biagiotti Progetto Arte (Firenze), il The Flat / Massimo Carasi, il MARS Milano e alla Galerie Papillon (Parigi). Recensioni delle sue opere sono apparse, fra gli altri, su Artforum, The New York Times, Flash Art e The Boston Globe. Nel 2012 è stato insignito del Rome Prize dell’American Academy di Roma.
D’Alvia lavora in un linguaggio scultoreo che è decisamente iper-visivo, artigianale e carico di storia. Ha sviluppato processi scultorei propri in cui i mezzi di produzione tradizionale incontrano quelli industriali. Il suo lavoro si ispira a diverse fonti fra cui i monumenti megalitici, il design dei giocattoli e il barocco, riuscendo a fondere motivi apparentemente antitetici fra loro come il minimale e l’ornato, l’industriale e l’artigianale, il comico e il tragico, il progresso e la distruzione, l’attrazione e la repulsione.
Marcela Erives - “Transizione”
Marcela Erives è un’artista messicana-americana nata a Chihuahua in Messico, e cresciuta a El Paso Texas, terra di confine con Juarez, Messico. Ha conseguito una laurea doppia BFA in scultura e ceramica all’Università del Texas di El Paso e attualmente sta completando un master MFA alla Arizona State University. Le sue opere esplorano figure antropomorfe in schiuma di fibra di vetro e la stratificazione di colori accesi nel tentativo di creare delle manifestazioni fisiche della bellezza e del grottesco. Attraverso le lenti del divertimento, il suo lavoro esibisce la sessualità ed esplora la disidentificazione e l’assurdità delle norme sociali sulla bellezza e sulla forma, da un punto di vista alternativo.
Il lavoro di Marcela si basa su una serie di disegni e di modelli d’argilla scannerizzati in 3D. Marcela poi manipola e arricchisce ulteriormente le forme con programmi di elaborazione in 3D. Un punto centrale nella realizzazione di quest’opera è costituito dal suo desiderio di interagire con la collaborazione della tecnologia e dei robot, passando così ad una metodologia di lavoro e completamente nuova, approcciando quindi la sua opera da un punto di vista diverso ricco di nuove possibilità. La sua fascinazione per la lunga traiettoria che si dispiega fra l’approccio fisico e digitale nella creazione artistica l’ha portata al DSP.
Francis Fox - “Tree”
Francis Fox è professore di scultura presso la Boise State University, dove insegna dal 1999. Ha conseguito un M.F.A presso l’Università del Wyoming nel 1997 e una laurea in Geologia e Geofisica nel 1985. Oltre alla formazione accademica, Fox ha appreso le tecniche scultoree e acquisito esperienza professionale lavorando in diverse campi legati all’arte, fra cui 5 anni passati a lavorare allo Shidoni Art Foundry vicino a Santa Fe, in New Mexico. Nel 2011 gli è stata assegnata una borsa di studio in arti e scienze umanistiche per svolgere una ricerca sulle tecnologie digitali in 3D. La sua attività in studio combina i processi digitali con la scultura tradizionale. Fox ha creato numerose sculture pubbliche esposte lungo tutta la costa occidentale degli Stati Uniti e a Boise, in Idaho. Ama molto collaborare con altri artisti e professionisti nella realizzazione di progetti ambiziosi o monumentali. La sua ultima scultura pubblica “Mortal Process” è stata recentemente installata nell’Hangzhou Bay Park a Ningbo, in Cina.
La vita emerge nelle interfacce. Fiorisce nelle fessure, nelle intersezioni e nelle zone di transizione. Un’idea astratta, eppure le mie sculture sono estremamente fisiche. Tree è un oggetto radicato nella forma e nella materialità elementare del marmo. Uso i processi digitali per astrarre e quindi rafforzare la fisicità della natura. Miro a creare sculture che scaturisono dall’interazione delle forze naturali con le intenzioni umane. Tree suggerisce il potenziale, la crescita e la scattante goffaggine della vita.
Olin Fritz - “Torsion”
Olin Fritz è uno studente senior di un corso di laurea in scultura, presso il Herberger Institute for Design and the Arts dell’Arizona State University. Ha anche frequentato l’Università dell’Arizona e il Mohave Community College, dove ha conseguito la laurea in Comunicazione visiva. Inizialmente è stato fortemente influenzato dall’animazione in stop motion, dalla produzione di burattini e dalla scenografia, influenze che si riversano nelle sue sculture in ceramica e in metallo fuso. Prevalentemente figurativo, il lavoro di Olin conserva ancora una qualità teatrale, le figure appaiono come congelate durante un’azione, come se fossero il fotogramma di un film. Le sculture stesse, cotte in argilla o colate in bronzo, sono caratterizzate da collage di vari mezzi espressivi e oggetti di recupero e rievocano il modo in cui un personaggio può essere creato da un gruppo di artisti per un film.
La figura, realizzata originariamente in argilla, è stata scansionata in 3D e successivamente alterata digitalmente, e rappresenta una figura maschile scarna il cui braccio gonfio si flette e contorce dolorosamente, come se fosse congelato pochi secondi prima del climax finale. Evocativo ed espressionista, Torsion è ispirato alla storia personale dell’artista che trovandosi di fronte ad un bivio, al culmine di un momento molto difficile, vede la realizzazione del suo percorso attraverso la lente della sua visione cristiana del mondo.
Karena Graves - “Freedom Airs”
Karena (Kidd) Graves studia all’Università della Carolina del Nord di Greensboro dove sta completando un BFA in scultura e ceramica. Il suo lavoro prevede l’impiego di argilla, metallo e oggetti di recupero e consiste nella creazione di strutture attraverso l’indagine delle forme architettoniche e delle figure percepite durante l’osservazione di case, edifici e stabili in costruzione.
Freedom Airs (Le Airs della Libertà) è un’opera relativa allo status sociale delle scarpe da ginnastica Air Jordan all’interno della comunità afroamericana e della comunità appassionata di sneakers. Quest’opera si incentra sulle dinamiche di potere legate alle Air Jordan, su come abbiano causato molti casi di violenza e morte ma abbiano anche permesso alle persone di colore di sentirsi importanti all’interno della società americana che ha volte le relega ad una condizione minoritaria.
Heather Hansen - “Serpentine”
«La grazia e la bellezza della forma umana in movimento sono al centro del mio processo artistico. Tale fascinazione è iniziata presto, sono infatti cresciuta in un paesino rurale nelle montagne dell’Idaho e ho studiato danza presso la scuola di mia sorella. Dopo una borsa di studio universitaria in danza e una laurea in scenografia, mi sono trasferita in Giappone per studiare la danza Butoh con Kazuo Ohno. Tale esperienza ha contribuito alla formazione della mia visione artistica sia a livello estetico che filosofico. Lì ho sviluppato un approccio rigoroso nella riduzione degli elementi alla loro forma più essenziale e significativa, mantenendo contemporaneamente qualcosa di crudo e indomabile. Per me, il processo è arte, e il corpo è il primo punto di accesso alle osservazioni della mente, sia che si tratti di arti visive che di danza, di alta tecnologia o strumenti artistici dell’età della pietra.
Serpentine (“Serpentina”) è stato creato a partire da una danza sviluppata in realtà virtuale, scolpita poi dalla robotica, rifinita a mano, e influenzata dall’esperienza mozzafiato di trovarsi nel cuore delle Alpi Apuane e visitare le cave di marmo di Vagli . Lì, la scala della forma umana è minuscola in relazione alla nostra inventiva e al desiderio di creare. Il corpo è il nostro strumento più primitivo e allo stesso tempo più sofisticato. La mia concezione della danza consiste nello scolpire lo spazio solcato dalle tracce del mio movimento, e le cave rappresentano per me un inspiegabilmente grandioso esempio di tutto questo».
Jon Isherwood - “Sbocciando”
Il lavoro di Isherwood è stato ampiamente esposto a livello internazionale in musei pubblici e gallerie private. Gli sono state dedicate più di 20 mostre personali ed è stato protagonista di numerose mostre collettive, tra cui il Museo Peggy Guggenheim di Venezia, in Italia; Il Museo McNay, San Antonio, TX; Il Derby City Museum, Derby, Regno Unito; e Kunsthalle, Manheim, Germania, Il Museo nazionale, Pechino, Cina; The DeCordova Sculpture Park and Museum USA, Villa Strozzi, Firenze e in Belgrave Square, a Londra, nel Regno Unito. Le sue opere sono conservate in oltre 25 collezioni pubbliche e ha ricevuto più di 30 commissioni nel settore pubblico e privato. I suoi lavori sono stati recensiti dal New York Times, Art in America, ArtNews, The Washington Post, Sculpture Magazine, Partisan Reviews e The Guardian e London Times UK. www.jonisherwood.com
La tensione tra forma, modello e rivestimento che caratterizza il lavoro di Isherwood si riflette ulteriormente nelle tensioni che avvolgono la sua tecnica e i materiali. Le sue sculture sono il risultato di un processo unico in cui l’antico si confronta con il moderno: la pietra, il materiale scultoreo più antico e più sensuale, viena scolpita con l’aiuto di metodi high-tech. Ciò consente a Isherwood di raggiungere una precisione senza compromessi nel trattamento delle superfici incise, che giocano con e contro il carattere carnoso, morbido e tuttavia sostanziale delle sue forme organiche.
Kelly Johner - “After Venus: Sella Donna”
Nata nello stato di Alberta, in Canada, Kelly Johner vive in una fattoria a nord di Edmonton. Le principali fonti di ispirazione delle sue opere in scultura e disegno sono le relazioni tra agricoltura, ecologia e ambiente naturale. Kelly ha completato un Master MFA in Scultura presso l’Università di Alberta nel 2007. Da allora si dedica a sviluppare le sue opere nel suo studio all’interno della sua fattoria, insegna nel dipartimento di Arte e Design dell’Università dell’ Alberta a Edmonton e lavora come assistente ricercatrice per l’artista di installazioni Lyndal Osborne. Kelly ha esibito le sue opere in mostre locali e provinciali nell’Alberta e in British Columbia e le sue opere fanno parte di varie collezioni permanenti.
«Alcuni anni fa, ho recuperato una vecchia sella destinata alla discarica. Ero affascinata dalla natura figurativa della sua forma, dalla sua somiglianza con il corpo femminile e dalla bellezza della sua utilità e della sua funzione. La sella è sia l’ispirazione che l’oggetto / soggetto della mia opera. Per il Digital Stone Project, mi interessava prendere due oggetti fatti dall’uomo intrisi di significato storico; un torso di Venere e la forma di una sella. Combinarli, trasformarli e fonderli nel nel marmo offre un modo moderno e innovativo di lavorare la pietra, anch’essa stratificata con contenuti storici».
Marilyn Langevin - “Undaunted”
Marilyn Langevin è un ex professoressa in patologia del linguaggio parlato e ora è una studentessa al terzo anno nel programma di Laurea in Belle Arti presso l’Università dell’Alberta. Ha studiato storia dell’arte a Cortona, in Italia, per un semestre e nel 2018 ha effettuato un soggiorno estivo di studio universitario presso la New York Academy of Art, e ha frequentato workshop estivi di pittura presso il Burren College of Art in Irlanda. La forma umana e l’espressione degli stati umani interiori sono alla base del suo lavoro attuale. Esplora il mondo interiore della donna che affronta quel malinconico momento di consapevolezza di dover lasciare un segno, prestando attenzione a tutto ciò che richiede il muoversi in tale direzione. Undaunted parla dell’illimitata forza e intuizione della donna che si dedica a ciò.
Undaunted è una forma di marmo di un vestito di carta che deve essere immerso nell’acqua per comportarsi come un tessuto. Se non fosse immerso abbastanza a lungo, la penetrazione dell’ago e del filo risulterebbe impossibile; se fosse inzuppato troppo a lungo si strapperebbe. Nel realizzare Undaunted in marmo, l’esplorazione di Marilyn trova un momento di trascendenza simile. In questo caso, l’attimo di equilibrio ottimale tra la perseveranza dei cristalli naturali di calcite e la resa che generano su una superficie simile a una stoffa.
Mary Neubauer - “1. The Earth’s Molten Core”
L’opera di Mary Neubauer si incentra sulla matematica e sul mondo naturale. Il suo background in metodologie tradizionali si abbina a nuove modalità di produzione digitale, generando opere d’arte che vengono realizzate a partire dalla programmazione e dal mondo virtuale. Le sue sculture e le sue immagini digitali sono apparse in numerose mostre e simposi internazionali. Progetti di arte pubblica includono installazioni interattive che prevedono l’impiego della luce e del suono. L’interesse di Neubauer per i luoghi remoti e per l’evoluzione dei dati raccolti dai sensori geofisici l’ha portata a partecipare ad una spedizione nel Circolo Artico del 2016. Le esperienze di artist in residence includono Garfagnana Innovazione 2013- 2019, Anderson Ranch, Tyrone Guthrie Center e John Michael Kohler Arts / Industry Residency . È stata visitor artist all’American Academy di Roma ed è stata Fulbright Fellow (Cambridge, Inghilterra). È professoressa ordinaria presso l’Arizona State University di Tempe.
In questa serie di lavori la matematica diventa un linguaggio visivo. La rotazione del nucleo fuso della Terra viene osservata e registrata da un satellite polare. Importante misura del cambiamento climatico, l’estensione stagionale della formazione del ghiaccio nei nostri mari più settentrionali nel corso del tempo, viene modellata in una serie di piccole visualizzazioni di dati. Simile a dei paesaggi, queste piccole sculture registrano la formazione giornaliera di ghiaccio marino dal 2006, derivanti dalla ricerca MASIE, condotta dal National Center for Atmospheric Research, a Boulder, in Colorado.
Daisy Nolz - “The Slouchy Balloon”
Radicata saldamente nel punto in cui l’arte e tecnologia si intersecano, l’artista multidisciplinare Daisy Nolz intreccia nella sua attività basata in Arizona pratiche tradizionali e media emergenti. Con interessi che vanno dalla danza all’animazione 3D, dalla letteratura alla prototipazione rapida, i progetti recenti di Nolz combinano software digitale e fonderia in un’esplorazione di processi e di materiali. Determinata a manifestare oggetti digitali nello spazio fisico, Nolz utilizza nel suo lavoro software creati per lo sviluppo di videogiochi e cinema, nonché stampanti 3D e software di visualizzazione dei dati.
The Slouchy Balloon è il risultato di una simulazione di tessuto sviluppata da Nolz utilizzando un software industriale destinato all’animazione digitale e agli effetti speciali. Originariamente sviluppato per un progetto nella fonderia di Nolz, The Slouchy Balloon è più un invito all’interazione e al gioco che un gesto concettuale o narrativo. Si prega di toccare.
Kimberly Redding - “Mine!”
Originaria della California, Kimberly trae la sua ispirazione e la sua forza dalla brezza dell’oceano, dalla sabbia tra le dita e dallo scintillio dell’acqua del mare. Nelle opere d’arte di Kimberly le pietre preziose si intrecciano con i metalli consentendole di fondere molteplici media come gioielli, dipinti, disegni e sculture in visioni artistiche tangibili. Dopo 23 anni nel campo medico, partendo come tecnico medico d’emergenza arrivando poi a gestire strutture mediche, Kimberly ha deciso di accettare la sfida dell’istruzione superiore. Studentessa universitaria presso l’Arizona State University (ASU), Kimberly sta completando la sua laurea in Belle Arti (BFA) con un sottospecializzazione in psicologia. La tesi di Kimberly per il Barrett, l’Honor’s College di ASU, rappresenta una proposta per il master e il programma di dottorato in Arte Terapia. Kimberly infatti utilizza le sue influenze artistiche per aiutare gli altri a guarire grazie alle arti visive e alla terapia artistica.
Ispirata alle illustrazioni nautiche l’opera Mine! di Kimberly presenta un equilibrio tra realtà e spazio per il capriccio. Azione a riposo, Mine! implica il tentativo del polipo di immergersi nelle profondità oceaniche prima che l’ultimo tentacolo possa afferrare la sfera di ametista appena scoperta, abbandonandosi all’impeto di un’ondata. Mine! rappresenta una discussione interiore tra l’appetito pericolosamente persistente verso il tesoro e il benessere necessario alla sopravvivenza.
Tristan Ryer-Parke - “Closer to the Bartender”
Tristan Ryer-Parke è uno studente junior di scultura e arte digitale al Bennington College. Crea sculture che avvolgono temi personali e sociali nel fascino del movimento robotico. Il suo lavoro si basa molto sulla fabbricazione digitale, evidenziandone il potere nell’industria moderna. Magneticamente attratto dalle capacità industriali, lo spettatore si trova di fronte all’impatto ambientale e sociale che questi materiali e processi hanno su di noi. Le sue opere recenti svelano azioni sinistre nascoste nell’industria del Teflon e gli effetti su Ryer-Parke, sulla sua famiglia e sulla città.
Closer to the Bartender è nato dal controllo elettrico e computazionale nascosto che guida la robotica industriale. Anche se le braccia robotiche sembrano sostituire facilmente l’umano che lavora, ogni movimento deve essere programmato, denotando una mancanza di autonomia. Closer to the Bartender rappresenta l’abbozzo di un nuovo tipo di forma robotica in un ambiente industriale. Ha lo scopo di farci intravedere il futuro in cui un robot che intaglia la pietra può muoversi in maniera tanto organica e semplice quanto il nostro movimento di un dito.
Sumit Sarkar - “Invisible Transparent”
Sumit Sarkar è uno scultore e pittore britannico che lavora sia con tecniche digitali che analogiche, ispirandosi all’iconografia religiosa, alla fantascienza e alla street art. Dopo una vita di lavoro figurativo i suoi lavori recenti sono incentrati sulla forma scultorea astratta. Le nuove tecnologie rivestono un ruolo di grande rilievo nelle opere di Sumit e progetti recenti vedono l’uso di video mapping, motion capture, realtà virtuale e stampa 3D in multi-materiale. Sumit ha esposto in varie mostre personali in tutto il Regno Unito e in progetti internazionali tra cui una recente residenza e un’esposizione alla Biennale d’arte di Colombo in Sri Lanka. Sumit ha diretto progetti artistici di collaborazione pubblica in Shetland con UZ Arts, in Exeter con Mischief La Bas e in Finlandia con Spearfish. Submit tiene corsi e seminari e lavora anche come designer e curatore. www.kriksix.com
La scultura di Sumit fonde varie tecniche scultoree digitali e gioca con il rapporto tra il robot e l’umano; utilizzando due tipi di marmo, fuso con parti di multimateriale stampato in 3D scolpite dal braccio del robot a 7 assi intorno alle simulazioni di fresatura. Il lavoro di Sumit è finanziato dall’Arts Council England, la fase successiva del progetto vedrà il lavoro prendere vita in realtà virtuale e in realtà aumentata grazie ad un’animazione in 3D e alla proiezione digitale.
Jay Silverstein - “Look it Up”
“Attualmente, le ore passate in media settimanalmente davanti ad uno schermo da un americano adulto - tenetevi forte, non è un errore di battitura - sono 74 - e continuano ad aumentare. Su quegli schermi, trovo la mia finzione postmoderna pop-consapevole. Questo genere si basa su idee - risalenti agli anni Cinquanta e Sessanta - che rifiutano le grandi narrative: l’esistenza di un unico vero Dio, la storia come progresso, la pace sulla terra. Il postmodernismo manca di questo ottimismo. È intriso invece di cinismo, irriverenza, relativismo morale e ironia. Si tratta di uno strumento critico eccellente, ma il suo utilizzo è più lento e intenso di quello di un’attenta potatura.” La produzione artistica di Jay Silverstein prende in esame le mode del momento, la cinica trascendenza del sentimentalismo con un’alternativa avvincente, che abbraccia l’auto-sincerità massimale. Look it Up - una scultura realizzata con l’intervento diretto della macchina - fonde materiali antichi con elaborazioni avveniristiche. Mostrando persino come usarle.
«Una grande crisi esistenziale permane sempre all’orizzonte. Poiché la mia pratica artistica si basa sempre più sull’intervento digitale, ho capito che la mia capacità di produrre opere d’arte potrebbe finire un giorno. Non per morte, non per deturpazione o per dissoluzione della volontà, ma per mancanza di sofisticazione tecnologica. Per creare ho bisogno di attrezzature costruite da altre persone. Ho realizzato questa scultura per combattere il mio terrore; un manuale per l’operatore di alcuni attrezzi del prossimo futuro».
Molly Sullivan - “Sphere that eats itself”
Molly Sullivan è una studentessa universitaria di architettura ed economia presso la Wesleyan University di Middletown, nel Connecticut. Il suo lavoro esamina i processi e le tecnologie impiegate per il rispetto delle istituzioni burocratiche, utilizzando la loro banale familiarità come base per la sperimentazione. Lavora anche con un’architettura di design in scala ridotta, creando spazi progettati e costruiti da e per il corpo umano.
Sphere that eats itself (la sfera che si autofagocita) cerca di rispondere ai processi meccanici che il marmo subisce durante la sua lavorazione. Costituito esclusivamente da semplici sfere deformate e attorcigliate l’una sull’altra, l’opera acquisisce una presenza naturale e organica derivante dalle funzioni di base dei software di modellazione. Lo spettatore, attraverso un attento esame, può iniziare a identificare queste forme individuali e le implicazioni di un insieme molto più complesso di sistemi che giace appena al di sotto della superficie della pietra.
Gabriel Vinas - “Santa Lucía dell’Afarensis”
Gabriel Vinas è un artista americano nato a Cuba il cui lavoro poggia fortemente sulle scienze evolutive. Attualmente sta lavorando ad una ricerca collaborativa in antropologia biologica condotta presso l’Università di Adelaide, in Australia, e sta completando una laurea magistrale in scultura presso l’Arizona State University negli Stati Uniti. Partendo dalla stampa dati CT-scan o dai calchi derivanti dalla ricerca sui resti umani dell’antichità, Gabriel utilizza una miscela di tecnologie moderne e tecniche di scultura tradizionali per resuscitare anatomicamente i vari individui scoperti nel nostro passato evolutivo. Attraverso la pubblicazione scientifica e le esposizioni museali, il suo scopo è quello di ottimizzare i metodi applicati al campo delle ricostruzioni antropologiche e allo stesso tempo sfidare i pregiudizi storici e le idee sbagliate circa le rappresentazioni degli ominidi. Nella sua pratica artistica in studio, questo lavoro si spinge in nuovi contesti per portare la narrativa antropologica ad un pubblico diverso, esplorando come la comprensione dell’evoluzione possa contribuire ai dibattiti contemporanei.
Il modello per Santa Lucia è stato scolpito come parte della suddetta ricerca condotta ad Adelaide in Australia. È stato stampato uno scheletro utilizzando la modellazione di deposizione fusa ottenuta dai dati di scansione di un campione di 3,2 milioni di anni conosciuto da molti come “Lucy”. Come parte della ricerca, per produrre una ricostruzione di Lucy, Gabriel ne ha scolpito l’anatomia in collaborazione con il dottorando Ryan M. Campbell, avvalendosi inoltre della consulenza dell’antropologo Maciej Henneberg. Adoperando come base una copia di resina di questa figura, Gabriel ha poi scolpito il velo e i drappeggi utilizzando l’argilla. Questo modello è stato poi scansionato al laser e realizzato in marmo presso Garfagnana Innovazione.
Pat Wasserboehr - “Pink Progression”
Pat Wasserboehr è una scultrice e una professoressa nella School of Art all’Università della Carolina del Nord a Greensboro. In qualità di capo del dipartimento ha impartito il suo programma di arti visive per oltre un decennio e ha insegnato i fondamenti della scultura in corsi di laurea per oltre trent’anni. La sue sculture sono state esposte in mostre personali e collettive negli Stati Uniti, in Cina, in Germania e in Spagna. Le sono state assegnate numerose borse di studio e assegni di ricerca UNCG. Le più recenti includono la borsa di studio UNCG Faculty First Summer Scholarship,l’assegno di ricerca Globally Engaged Research and Creativity Grant del UNCG, e la borsa di studio ArtsGreensboro Regional Projects Pool Grant. Nel 2019, è uno degli artist in residence del Digital Stone Project / Garfagnana Innovazione a Gramolazzo, in Italia. Altre esperienze di artist in residence includono il Salem to Salem presso Salem Art Works a Salem, New York, il programma di studio all’estero della University of Massachusetts a La Napoule, in Francia, e il programma di studio all’estero dell’Università della Georgia a Cortona, in Italia. Nel luglio del 2019, frequenterà un laboratorio di intaglio su pietra a Eberding, in Germania.
«Le mie sculture rappresentano i miei sforzi nella transizione dalla rappresentazione figurativa alla rappresentazione astratta o simbolica. La composizione mostra una progressione di oggetti. Un oggetto a forma di testa si trova in una posizione centrale affiancato da due altri oggetti simili al torso. Le forme presentano superfici piane, volumi arrotondati e linee disposte in maniera tale da evocare parti del corpo. Il marmo è stato selezionato per il suo colore carnoso che ricorda il colore della pelle e rende omaggio all’artista Brancusi e al movimento Art Deco nel design».